contA dieci anni dall’introduzione del primo gruppo di controllo di vicinato nella Bergamasca, i risultati appaiono incoraggianti: furti in diminuzione e maggiore percezione di sicurezza nei quartieri coinvolti. Il bilancio, tracciato da Mario Suardi, referente provinciale e promotore del primo nucleo attivo a Romano di Lombardia nel 2014, evidenzia una rete composta oggi da 23 Comuni e 2.450 famiglie aderenti, in costante espansione.
«Il sistema funziona», afferma Suardi a L’Eco di Bergamo, sottolineando come il controllo di vicinato non sia mai stato concepito come una ronda, ma come una rete civica attenta e collaborativa. L’obiettivo, fin dall’inizio, è stato rafforzare la sicurezza urbana attraverso la partecipazione diretta dei cittadini, in sinergia con le amministrazioni comunali e le forze dell’ordine.
Il primo Comune ad aderire formalmente fu Romano di Lombardia nel gennaio 2015, ma da allora l’adesione si è allargata a gran parte della pianura bergamasca e dell’hinterland del capoluogo. Tra gli ultimi arrivati figurano Sotto il Monte Giovanni XXIII, Torre Pallavicina e Capriate San Gervasio. A Bergamo città, il servizio è attivo in tre quartieri: Finardi, San Paolo e Villaggio degli Sposi.
La mappa della presenza evidenzia una maggiore diffusione nei centri della pianura e in prossimità dei confini provinciali, mentre nelle aree montane il servizio resta marginale, probabilmente anche per via della naturale collaborazione tra residenti nei piccoli centri e della storica minore incidenza di furti.
Oltre alla prevenzione dei reati predatori, i gruppi si sono evoluti nel tempo, assumendo un ruolo attivo anche su altri fronti: monitoraggio dell’abbandono di rifiuti, segnalazione di danni al patrimonio pubblico e vigilanza diffusa su comportamenti incivili. Un’estensione funzionale che dimostra come il controllo di vicinato si stia trasformando in una vera rete di cittadinanza attiva.
Fondamentale, in questa evoluzione, è stato l’impiego delle nuove tecnologie. Oggi la comunicazione tra residenti e referenti avviene in tempo reale attraverso gruppi Whatsapp o Telegram, in cui è possibile scambiarsi segnalazioni immediate su presenze sospette o situazioni anomale. Ogni gruppo ha un referente con codice identificativo e mail ufficiale, per garantire ordine e tracciabilità delle comunicazioni.
La struttura del servizio è ben definita, con una sede nazionale a Roma e una diffusione prevalente in Lombardia, seguita da Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. Il modello è invece poco presente nel Sud Italia, dove la rete si è sviluppata in modo più sporadico.
Il principio guida, spiega ancora Suardi, resta quello della collaborazione civica e del senso di responsabilità diffuso. Quando un residente nota un’anomalia o un veicolo sospetto, non interviene direttamente, ma avvisa il gruppo e le forze dell’ordine, che hanno il compito di verificare e, se necessario, agire.
L’iniziativa, ormai consolidata, si appresta a crescere ancora, grazie all’interesse mostrato da numerose amministrazioni che stanno valutando di attivare il servizio nei propri territori. A dimostrazione che la sicurezza partecipata, quando strutturata e coordinata, può davvero fare la differenza.