Nel 2022 i 25 giganti del WebSoft, pur producendo in Italia 9,3 miliardi di fatturato, hanno versato al fisco italiano complessivamente solo 206 milioni di euro. Una cifra che, calcola la Cgia di Mestre, è 125 volte in meno di quanto versano imprese e autonomi della Lombardia, la regione che più contribuisce alle casse dello Stato con 25,8 miliardi di euro.
E a livello nazionale, secondo l’elaborazione fatta dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze, aziende e lavoratori autonomi superano di ben 408 volte quanto versato al fisco italiano dai giganti del WebSoft. Se le piccole imprese italiane pagano ogni anno 24,6 miliardi di tasse, le 25 multinazionali del web presenti in Italia, infatti, ne versano molte meno: secondo l’Area Studi di Mediobanca solo 206 milioni di euro. E questo nonostante le aziende italiane prese in esame producano un fatturato annuo 90 volte superiore a quello riconducibile alle big tech, in termini di imposte, invece, le prime ne pagano ben 120 volte più delle seconde.
Il regime fiscale sfavorisce le piccole imprese: se sugli imprenditori locali grava un tax rate effettivo che sfiora il 50%, sulle big tech si attesta, secondo l’Area Studi di Mediobanca, al 36%.
E sebbene da quest’anno entri in vigore la Global minimum tax (Gmt), secondo il dossier curato dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera, il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerà i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.
Nel 2024 la Gmt interesserà 19 Paesi dell’Unione Europea: Spagna e Polonia, invece, si adegueranno a partire dall’anno prossimo, mentre Estonia, Lettonia, Lituania, e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo rischiano la messa in mora.