Una diagnosi mancata e un destino tragico: Ilaria Parimbelli, 26 anni, si era presentata al pronto soccorso con sintomi allarmanti, ma era stata rimandata a casa con il consiglio di evitare situazioni stressanti. Qualche giorno dopo, le è stata diagnosticata un’encefalite erpetica, troppo tardi per salvarle la vita. Ora il medico che l’aveva dimessa è a processo per omicidio colposo.
I sintomi ignorati e il ritorno a casa
Il 23 settembre 2019, Ilaria si è recata al pronto soccorso dell’ospedale di Zingonia con febbre alta, forti cefalee, vomito e allucinazioni uditive. Inizialmente, un medico l’ha trattenuta per una sospetta sepsi, ma al cambio turno è stata presa in carico da F.M.B., gastroenterologo 63enne, che ha ritenuto i sintomi riconducibili a una crisi d’ansia, somministrandole Valium e Plasil. Non è stata eseguita una Tac né approfonditi gli esami neurologici.
Dimessa con una diagnosi di stress, le condizioni della ragazza sono peggiorate. Pochi giorni dopo, il medico di base ha consigliato un nuovo ricovero all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove finalmente è stata riconosciuta l’encefalite erpetica.
Due anni di sofferenza prima della morte
Ilaria è stata sottoposta a cure antivirali, ma il virus aveva già compromesso gravemente il suo cervello. Ha subito un intervento chirurgico, ma è rimasta in stato di minima coscienza per due anni, lottando tra terapie e riabilitazione. Nel 2021, una crisi epilettica le ha causato un soffocamento fatale.
I genitori hanno raccontato il calvario della figlia: “Non vedeva, non parlava, ma pian piano stava recuperando”, ha ricordato la madre. La pandemia ha complicato ulteriormente il suo percorso, impedendo alla famiglia di vederla per mesi. Il 1° agosto 2021 la giovane è morta, e il suo sogno di diventare interprete nei tribunali si è spezzato per sempre.
Il processo e la perizia medica
Ora il medico del pronto soccorso è accusato di omicidio colposo. In udienza, ha difeso la sua decisione sostenendo che i valori infiammatori fossero negativi e che il sistema informatico dell’ospedale non gli permetteva di modificare il referto del collega precedente. Tuttavia, nel documento medico non risultano informazioni fondamentali sui sintomi e sulla storia clinica della paziente.
Il giudice Donatella Nava ha disposto una perizia medico-legale e infettivologica per accertare se l’operato del medico abbia avuto un ruolo determinante nella morte di Ilaria. La famiglia attende ora giustizia per la giovane, strappata alla vita da una diagnosi tardiva.