Il modello del bar di quartiere, dove fermarsi per un caffè veloce o una pausa pranzo informale, sta attraversando una crisi sempre più evidente. Il fenomeno, che interessa tutto il Paese, non risparmia Bergamo e la sua provincia, dove negli ultimi dodici mesi 66 locali hanno abbassato le saracinesche, segnando un calo del 2,1% rispetto al totale di 3.004 attività registrate.
I dati emergono dall’ultimo Osservatorio Cruscotto Dataviz, basato su un’analisi di Infocamere Fipe-Confcommercio Bergamo relativa all’ultimo trimestre del 2024.
Un trend consolidato da anni
Se da un lato il settore della ristorazione in provincia di Bergamo mostra una lieve espansione, il quadro cambia quando si analizzano le singole categorie. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, si registra una crescita di 38 nuovi ristoranti e un aumento significativo delle attività legate alla preparazione e fornitura di pasti, come mense, catering e dark kitchen.
Il settore più in difficoltà resta quello dei bar senza cucina, che offrono solo tavola fredda. Questa non è una novità dell’ultimo anno, ma una tendenza che si protrae dal periodo pre-pandemia. Tra il 2019 e il 2023, infatti, la provincia ha perso 428 bar, segnando un calo complessivo del 12%.
Aumenti dei costi e difficoltà di gestione
Il progressivo calo del numero di bar è legato a diversi fattori. Uno dei principali è l’aumento dei costi delle materie prime, che in alcuni casi ha raggiunto il 30% rispetto agli anni precedenti. Particolarmente significativo è il rialzo del prezzo dell’olio, che ha registrato incrementi fino al 50%.
A questi rincari si aggiunge il peso di affitti sempre più elevati e dei costi legati all’occupazione del suolo pubblico per i dehors. Questo scenario ha portato a un aumento dei prezzi al consumatore, con un caffè servito all’aperto che può arrivare a costare 1,70 euro.