Videosorveglianza intelligente nelle Smart City: sicurezza o minaccia alla privacy?

L’Intelligenza Artificiale entra nelle città e divide l’opinione pubblica: il modello DOM tra controllo, prevenzione e diritti individuali

L’integrazione tra tecnologia e sicurezza urbana è ormai una realtà consolidata. Le Smart City, città intelligenti che utilizzano soluzioni digitali avanzate per ottimizzare servizi e infrastrutture, sono sempre più al centro del dibattito pubblico. Un elemento cruciale di queste città del futuro è rappresentato dai sistemi di videosorveglianza con Intelligenza Artificiale (IA), come dimostra l’esperienza di Roma con il sistema DOM, già applicato anche a Madrid.

Il modello DOM: occhi e orecchie della città

Il sistema DOM – acronimo ancora non ufficialmente definito – è stato implementato a Roma in occasione del Giubileo, con una rete capillare di telecamere e microfoni in grado di rilevare comportamenti sospetti e situazioni potenzialmente pericolose. Quando un’anomalia viene registrata, l’IA attiva automaticamente un allarme che consente l’intervento immediato delle forze dell’ordine, rendendo il presidio del territorio più rapido ed efficace.

Questa tecnologia promette un aumento significativo della percezione di sicurezza, con l’obiettivo dichiarato di prevenire eventi critici sul nascere. Secondo l’avvocato Silvano Sacchi, esperto in diritto penale e presente all’ultimo convegno sulla criminologia, si tratta di uno strumento potente che potrebbe cambiare il volto delle città italiane, ma che al contempo solleva interrogativi etici e giuridici rilevanti.

Un equilibrio fragile tra controllo e libertà

Il nodo centrale della discussione riguarda la tutela della privacy. Sistemi come DOM possono essere percepiti come un meccanismo di sorveglianza onnipresente, una sorta di “Grande Fratello” urbano che monitora ogni movimento e ogni parola. “Dobbiamo chiederci che tipo di rinunce siamo disposti ad accettare per ottenere più sicurezza”, afferma Sacchi, che invita a una riflessione consapevole sul bilanciamento tra diritti fondamentali e interesse collettivo.

Il rischio, secondo l’avvocato, è quello di banalizzare l’impatto del controllo costante, mentre nella quotidianità già si concedono con leggerezza numerosi consensi a dispositivi digitali e app mobili. Il vero pericolo, aggiunge, non è essere ripresi in luoghi pubblici, ma ignorare l’impatto più profondo che tali sistemi possono avere sulla libertà individuale.

Applicazioni in Italia e il caso Bergamo

Sistemi simili, sebbene non sofisticati come il DOM romano, sono già operativi a Milano, Napoli, Palermo, Trento e Caorle, spesso installati nelle aree considerate più a rischio. Tuttavia, in città come Bergamo l’adozione è ancora agli albori. Le attuali telecamere, come quelle di via Paglia, non utilizzano algoritmi di Intelligenza Artificiale, limitandosi alla registrazione tradizionale.

Secondo Sacchi, un primo passo potrebbe essere l’installazione dei sistemi IA nelle cosiddette “zone rosse”, aree segnalate per spaccio e frequentazioni irregolari, per iniziare a sviluppare un approccio preventivo. Tuttavia, sottolinea, serve un maggiore sforzo informativo e formativo, sia da parte delle istituzioni che dei cittadini.

Verso un’educazione digitale collettiva

Il dibattito non riguarda solo la tecnologia, ma la consapevolezza con cui essa viene introdotta e accettata. Le Smart City rappresentano una sfida complessa che richiede partecipazione, dialogo e trasparenza, con il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati. Serve un’alfabetizzazione digitale che permetta a tutti di comprendere i meccanismi e le implicazioni di queste nuove tecnologie.

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