Regolamento regionale sui morti, disagio nelle valli bergamasche: politici e Comuni chiedono modifiche

Il nuovo regolamento che vieta l’uso delle chiese per la veglia funebre crea malumori nei piccoli borghi montani: necessaria una revisione delle normative per rispettare le tradizioni locali

La questione della veglia funebre nei borghi montani

In molte piccole comunità montane, come quelle della Val Seriana e della Val Brembana, la tradizione di vegliare un defunto nelle chiese locali prima dei funerali è stata una pratica consolidata nel tempo. A Oltre il Colle, un piccolo borgo sul colle di Zambla, i residenti raccontano che nella loro comunità, dopo la morte di un familiare, l’intero paese si stringe intorno alla famiglia. “Nei nostri paesi ci si conosce tutti, si passa una vita uno accanto all’altro”, scrive un residente. La chiesetta del paese è vista come il luogo ideale per l’ultima veglia, un gesto che unisce religiosità e comunità.

Il regolamento regionale che vieta l’uso delle chiese

Tuttavia, una normativa regionale del 1997 vieta l’uso delle chiese come “locale di osservazione”, ossia un luogo in cui la salma resta in attesa dell’accertamento di morte, che deve avvenire almeno 24 ore dopo il decesso. La legge impone che il periodo di osservazione avvenga in strutture idonee, come le camere mortuarie degli ospedali, le case funerarie, o locali comunali autorizzati. Questo regolamento ha creato disagi nei piccoli comuni montani, dove i locali idonei distano anche decine di chilometri.

Il caso di Oltre il Colle e le difficoltà logistiche

A Oltre il Colle, ad esempio, la casa funeraria più vicina si trova a 25 chilometri di distanza, creando enormi difficoltà per le famiglie in lutto. “Quando muore una persona nelle frazioni e non può essere tenuta in casa, portarla fino a San Pellegrino significa spostarsi di diversi chilometri”, avverte da Bergamonews il vicesindaco di San Pellegrino Terme, Vittorio Milesi. Questo problema è particolarmente sentito nelle frazioni più lontane, dove la possibilità di vegliare il defunto in una chiesa locale non solo ha valore religioso ma anche culturale, in quanto permette alla comunità di rimanere vicina al defunto.

La posizione delle autorità locali

Il vicesindaco Milesi aggiunge: “Serve buonsenso, l’attuale normativa non tiene conto delle conseguenze nei centri più piccoli. Nel momento del dolore, i cittadini dovrebbero sentirsi confrontati e accolti”. La difficoltà di interpretare la normativa è anche emersa dal consiglio regionale, con il consigliere Michele Schiavi che ha sottolineato la necessità di un incontro con la Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia. La proposta di Schavi è di introdurre una deroga per i piccoli Comuni di montagna, dove le distanze e le difficoltà logistiche rendono difficile rispettare la legge senza compromettere il diritto alla tradizione.

Le richieste di modifica della legge

Il consigliere regionale Jonathan Lobati, che proviene dalla Val Brembana, ha dichiarato: “Sono difficili da spiegare i motivi per i quali si può lasciare un defunto in casa, ma non in una chiesetta come da tradizione nelle nostre montagne”. Ha poi sottolineato l’importanza di creare una soluzione legislativa che permetta alle ATS di operare in modo da rispettare le tradizioni locali e le normative sanitarie. “In alcune realtà i privati hanno fatto investimenti per creare delle Case del Commiato, ma altri territori rimangono scoperti”, aggiunge Lobati, rimarcando la necessità di trovare un equilibrio tra l’adeguamento alle normative sanitarie e la tutela delle tradizioni locali.

Le prossime mosse

La discussione sulla modifica delle normative sul culto dei morti nelle valli bergamasche è appena iniziata. Le autorità locali chiedono l’adozione di soluzioni che consentano ai piccoli Comuni di continuare a rispettare le tradizioni, mentre si cerca di conciliare il tutto con le esigenze di sicurezza e igiene.

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