Uccise il marito, esperti concordi: «Incapace di intendere e di volere»

Caryl Menghetti, omicida del marito Diego Rota, potrebbe evitare il carcere: riconosciuta incapace di intendere e volere al momento del fatto

Il delitto di Martinengo

Quando Caryl Menghetti uccise il marito Diego Rota nella loro villetta di Martinengo, lo scorso 26 gennaio, era “totalmente incapace di intendere e di volere”. Questo è il risultato delle consulenze e della perizia depositate venerdì 12 luglio durante l’incidente probatorio, secondo gli esperti delle parti e del Tribunale. L’avvocato Danilo Bongiorno ha espresso soddisfazione per il risultato a nome della difesa.

Le circostanze del crimine

La sera del 26 gennaio, Caryl Menghetti, 45 anni, accoltellò il marito 25 volte mentre lui si trovava in camera da letto. L’aggressione avvenne intorno alle 23:30, mentre la loro figlia dormiva nella stanza accanto. La mattina stessa, Diego Rota, 55 anni e titolare di una ditta di falegnameria, aveva accompagnato la moglie all’ospedale di Treviglio, dove era stata visitata e trasferita nel reparto di Psichiatria. Fu dimessa con la prescrizione di alcuni farmaci e il marito la riportò a casa. La sera stessa, l’omicidio.

Valutazioni psichiatriche

Menghetti aveva già avuto problemi psichici in passato e aveva interrotto la terapia circa un anno prima del delitto. Il giorno dell’omicidio, in ospedale, la donna aveva pronunciato frasi deliranti contro il marito, accusandolo di essere coinvolto in un giro di pedofilia e minacciando di ucciderlo se fosse stato vero. Queste accuse si rivelarono infondate, dimostrando il grave disagio psichico della donna.

Sviluppi legali

Dopo l’omicidio, Menghetti fu arrestata con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Quattro giorni dopo, il 29 gennaio, fu trasferita nel reparto di Psichiatria al “Papa Giovanni” e successivamente, dal primo marzo, nel carcere di Torino, sotto terapia farmacologica. Il Tribunale aveva disposto una perizia psichiatrica in incidente probatorio, che il 29 aprile confermò la capacità della donna di stare in giudizio.

Venerdì 12 luglio, la relazione sul quesito chiave per il futuro dell’imputata – se fosse capace di intendere e di volere al momento del delitto – ha confermato un vizio totale di mente. Il gip Riccardo Moreschi ha quindi rimesso gli atti alla pm Laura Cocucci per ulteriori valutazioni. La Procura potrebbe chiedere al Tribunale di fissare un’udienza per emettere la sentenza, che potrebbe prevedere l’assoluzione o il non luogo a procedere, considerando l’incapacità di intendere e di volere di Menghetti al momento del fatto.

Possibili conseguenze

I magistrati dovranno anche valutare la pericolosità sociale di Menghetti. Se riscontrata, potrebbe essere emessa una misura di sicurezza e la donna potrebbe uscire dal carcere per essere trasferita in una Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). La pericolosità sociale dovrà essere rivalutata periodicamente.

Menghetti potrebbe quindi essere sottoposta a misure di sicurezza, pur essendo stata riconosciuta incapace di intendere e volere al momento del crimine, con l’obiettivo di garantire la sicurezza pubblica e fornire un’adeguata assistenza sanitaria alla donna.

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