Omicidio di Sharon: caso o scelta premeditata? Risponde Roberta Bruzzone

La tragica morte di Sharon Verzeni solleva domande inquietanti sulla psicologia di un assassino che, pur apparendo disorganizzato, potrebbe aver scelto la sua vittima con una logica spietata.

moussa sangare

La criminologia classifica gli assassini in due categorie principali: organizzati e disorganizzati. Moussa Sangare, il 30enne accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni a Terno d’Isola, sembra rientrare nella seconda categoria. Secondo la criminologa Roberta Bruzzone, Sangare presenta tratti tipici del “disorganized offender”. Questo tipo di criminale, solitamente caratterizzato da un basso quoziente intellettivo e da difficoltà sociali e sessuali, agisce in modo impulsivo e caotico, senza una pianificazione precisa.

Come spiegato a Bergamonews, questi assassini vivono spesso isolati, svolgendo lavori di basso profilo vicino alla scena del crimine. Sangare, ad esempio, viveva da solo in un piccolo locale abusivo a Suisio, non lontano da Terno d’Isola, e lavorava saltuariamente come pony-pizza, anche se era disoccupato al momento del crimine. L’esperta Bruzzone sottolinea che tali individui sono spesso affetti da gravi disturbi mentali, che li portano a non riuscire a gestire l’angoscia e il dolore psichico. Per trovare sollievo temporaneo, si rifugiano in fantasie di vendetta e distruttività, pronte a esplodere alla prima occasione.

La scelta delle vittime di questi assassini non è del tutto casuale. Tendono a prendere di mira persone che ritengono di poter dominare facilmente, trovandosi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Sharon, che si trovava da sola di notte, corrispondeva a questo profilo. Sangare aveva già manifestato intenzioni aggressive verso due ragazzi, ma aveva desistito, probabilmente rendendosi conto che sarebbe stato difficile sopraffarli entrambi. In precedenza, aveva anche “puntato” un uomo, senza però agire con aggressività.

La vittima di quella notte sembra essere stata scelta per la sua vulnerabilità. Sangare, come dichiarato agli inquirenti, provava una sensazione di “necessità” di uccidere Sharon, un impulso che non riusciva a controllare. La criminologa Bruzzone osserva che il movente dell’omicidio risiede nella mente disturbata del killer, dominata da un bisogno irrefrenabile di scaricare angoscia e frustrazione. L’uso di sostanze stupefacenti, come confermato dai familiari di Sangare, ha amplificato questo bisogno, rendendo l’atto criminale ancora più tragico e insensato.

L’omicidio di Sharon Verzeni non è solo un atto di violenza terribile, ma anche un grido di allarme sulla necessità di un intervento precoce nei confronti di individui con evidenti disturbi mentali. Il caso di Sangare, con il suo passato di condotte violente e discontrollate, solleva molte domande su quanto potesse essere prevenuto, se solo fossero stati messi in atto adeguati supporti psicologici e sociali. Tuttavia, queste domande potrebbero rimanere senza risposta, lasciando un vuoto doloroso nella comunità e nei cuori di chi ha perso Sharon.

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