In auto con la moglie nonostante il divieto: assolto per assenza di reato

La donna ha offerto spontaneamente un passaggio al marito, nonostante la misura cautelare attiva nei suoi confronti

Un episodio insolito ha portato un uomo di Villa d’Almè a doversi giustificare in tribunale: fermato a Brembate in auto con la moglie, G.D., un operaio 38enne, è stato arrestato perché soggetto a un divieto di avvicinamento alla moglie. Tuttavia, l’uomo è stato poi assolto: la moglie aveva deciso di propria iniziativa di accompagnarlo, giustificando quindi la violazione del provvedimento. Il giudice ha ritenuto che la situazione non costituisse reato.

La vicenda è iniziata lo scorso sabato 9 novembre, durante un normale controllo da parte della polizia stradale di Treviglio. Gli agenti hanno fermato l’auto della coppia e, una volta verificati i documenti, hanno scoperto che l’uomo era soggetto a una misura cautelare che gli imponeva il divieto di avvicinamento alla moglie, misura emessa in base a un codice rosso. Nonostante le circostanze particolari, gli agenti sono stati costretti ad arrestarlo per violazione della disposizione giudiziaria.

In tribunale, G.D. ha spiegato che il giorno dell’arresto aveva urgente bisogno di recarsi a una visita medica di idoneità lavorativa a Bonate Sotto, ma non potendo guidare per via della sospensione della patente, aveva chiesto al figlio di accompagnarlo. Quest’ultimo, impossibilitato a farlo, ha informato la madre, la quale ha deciso autonomamente di dare un passaggio al marito.

Durante l’udienza del successivo lunedì 11 novembre, il pubblico ministero ha richiesto la convalida dell’arresto e una pena a due mesi di reclusione. Tuttavia, il difensore dell’operaio ha sottolineato che l’iniziativa di accompagnarlo era stata della moglie e che non vi era stata da parte del suo assistito alcuna intenzionalità nel violare il divieto. Secondo la difesa, l’uomo si era limitato a chiedere aiuto per una necessità urgente, e la moglie, comprendendo la situazione, aveva accettato di accompagnarlo.

A conclusione del processo, il giudice Laura Garufi ha accolto la tesi difensiva, dichiarando che il fatto non costituisce reato e assolvendo l’uomo dall’accusa. Tale decisione ha stabilito un precedente interessante, riconoscendo che il contesto e le modalità della violazione del divieto non configuravano un’azione intenzionale o deliberata di avvicinamento da parte dell’imputato.

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