Secondo gli ultimi dati diffusi dall’INPS, a dicembre 2024, in provincia di Bergamo, l’Assegno di inclusione (Adi) è stato erogato a 2.899 nuclei familiari, coinvolgendo 5.353 persone. Un numero nettamente inferiore rispetto ai beneficiari del Reddito di cittadinanza (Rdc), la misura abolita e sostituita nel 2024. Per comprendere la portata del calo, basta confrontare i dati: a dicembre 2023, quando il Reddito era già stato parzialmente ridimensionato, i nuclei beneficiari in provincia erano 3.165 (6.337 persone). Nel 2022, quando il sussidio era ancora a pieno regime, le famiglie supportate erano 5.234 (10.660 persone), mentre nel 2021 si registravano 7.148 nuclei (15.991 persone).
Il trend è dunque in costante calo: tra dicembre 2023 e dicembre 2024, la riduzione è stata dell’8%, ma il divario diventa ancora più evidente se si prende in considerazione il 2022 (-44,6%) o il 2021 (-59,4%).
I sindacati: “Sempre più famiglie in difficoltà”
Il passaggio dal Reddito di cittadinanza all’Assegno di inclusione ha creato un vuoto di copertura, lasciando fuori molte famiglie. L’Adi è riservato a nuclei con minori, anziani o persone con disabilità, mentre per chi non rientra in queste categorie è stato istituito il Supporto formazione lavoro (Sfl), destinato a chi è considerato occupabile.
Per questa seconda misura non sono disponibili dati provinciali, ma su scala regionale l’INPS segnala che nel 2024, in Lombardia, i beneficiari sono stati 4.762. Secondo le stime dei sindacati, circa 450-500 persone in Bergamasca hanno usufruito del Sfl. Anche sommando questo dato ai 2.899 beneficiari dell’Assegno di inclusione, si registra un evidente calo rispetto al passato.
Secondo Orazio Amboni, del Dipartimento Welfare della CGIL Bergamo, il problema è evidente: “Anche se il confronto tra Reddito di cittadinanza e Assegno di inclusione può essere considerato statisticamente discutibile, il divario tra le due misure è enorme. Non è un caso che gli sportelli della Caritas e dei Servizi sociali abbiano registrato un aumento delle richieste di aiuto”, ha dichiarato a L’Eco di Bergamo.
Chi si è rivolto agli sportelli del Patronato Inca? “Abbiamo incontrato persone in grave difficoltà economica e familiare, sconvolte dal fatto di non poter più accedere al Reddito di cittadinanza”, ha spiegato Amboni. Le caratteristiche dei richiedenti del Supporto formazione lavoro tracciano un quadro preoccupante: “Parliamo di individui con bassissimo livello di istruzione, senza competenze linguistiche, privi di patente e senza esperienze lavorative spendibili”.
Cisl Bergamo: “Molti esclusi dalle nuove misure”
Anche Candida Sonzogni, della Cisl Bergamo, ha evidenziato le criticità della riforma. “Il mercato del lavoro in provincia è stato positivo negli ultimi anni e ha consentito a molte famiglie di uscire dalla condizione di bisogno. Tuttavia, il restringimento dei requisiti per accedere al Reddito di cittadinanza prima e le condizioni più stringenti dell’Adi hanno lasciato molti nuclei senza alcun sostegno”, ha dichiarato a L’Eco di Bergamo.
Per rispondere a queste difficoltà, il Governo ha recentemente modificato i criteri di accesso all’Adi con la Legge di Bilancio 2025, introducendo nuovi limiti ISEE e reddituali, con particolare attenzione per chi vive in affitto. Secondo le stime della Cisl Bergamo, queste modifiche potrebbero portare a un incremento dei beneficiari del 10%.
“Serve una misura universale contro la povertà”
Al di là delle modifiche, i sindacati chiedono un intervento strutturale per garantire un sostegno economico alle fasce più fragili della popolazione. “Come Cisl, riteniamo che serva una misura di contrasto alla povertà che sia universale e non limitata a determinate categorie di cittadini”, ha affermato Sonzogni. “Inoltre, il sostegno economico non dovrebbe essere confuso con le politiche attive del lavoro, come invece fa l’Adi”.
Secondo i sindacati, la chiave per garantire una maggiore inclusione nel mondo del lavoro è potenziare istruzione, formazione professionale e formazione continua. “Solo così si possono creare opportunità per un’occupazione stabile e tutelata, evitando il rischio di precarietà e povertà”, ha concluso Sonzogni.