Disturbi alimentari in forte crescita, abbassata l’età media alla diagnosi: i dati preoccupanti a Bergamo

Il fenomeno in aumento a Bergamo: preoccupazione per l’età sempre più bassa delle persone colpite, ormai intorno ai 22 anni

I dati sul fenomeno dei disturbi alimentari

Il fenomeno dei disturbi alimentari (DNA) è in costante crescita in Lombardia, e in particolare nella provincia di Bergamo. Secondo i dati forniti da Ats Bergamo, tra il 2019 e il 2023, sono stati registrati ben 1.370 casi, con una netta prevalenza di pazienti femminili, che rappresentano l’84,6% dei casi. Un dato preoccupante riguarda l’età media alla diagnosi, che è passata da 29,1 anni nel 2019 a 22,6 anni nel 2023, segnando un abbassamento significativo. La prevalenza di questi disturbi ogni 10.000 assistiti è più che raddoppiata, passando da 6,1 nel 2019 a 12,4 nel 2023. Questo riflette l’aumento del fenomeno, aggravato dalla pandemia, che ha accelerato l’emergenza sanitaria legata ai disturbi alimentari.

Multidisciplinarità e prevenzione

Durante una tavola rotonda organizzata venerdì 27 giugno presso la sede dell’Università di Bergamo in via Pignolo, i professionisti hanno sottolineato l’importanza di un approccio multidisciplinare nella cura dei disturbi alimentari. Clara Mucci e Andrea Greco, direttori del corso di perfezionamento in “Diagnosi e cura dei disturbi alimentari”, hanno evidenziato come dal 2019 i casi siano più che raddoppiati e come, a livello nazionale, si stia arrivando a 3,7 milioni di casi diagnosticati nel 2024.

Un cambiamento fondamentale per l’approccio sanitario è legato non solo all’assistenza al paziente, ma anche al sostegno alla rete familiare. La cura deve essere integrata, per contrastare la frammentazione delle cure.

Ruolo centrale della comunità e prevenzione precoce

Gli esperti presenti, come Marco Passaretta e Massimo Giupponi, direttori generali dell’Asst Bergamo Est e di Ats Bergamo, hanno sottolineato che per combattere efficacemente il fenomeno è fondamentale una prevenzione precoce. L’obiettivo è intercettare il disagio prima che i pazienti arrivino ai pronto soccorso, coinvolgendo scuole, famiglie e strutture come le case di comunità. Inoltre, Fabrizia Colmegna, direttrice della Struttura Complessa Psichiatria Sud Ovest, ha confermato che le diagnosi precoci portano a un recupero completo nel 47% dei casi, mentre quelle tardive causano la cronicizzazione nel 28%.

I social media come amplificatori del disagio

Una delle problematiche emerse durante il dibattito è l’influenza dei social media. Patrizia Todisco, presidente della Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, ha messo in evidenza come i social siano spesso un “amplificatore” delle fragilità, in particolare tra gli adolescenti, contribuendo ad aggravare il fenomeno dei disturbi alimentari.


L’importanza della sensibilizzazione e della collaborazione tra pubblico e privato

Il rettore Sergio Cavalieri ha ribadito il ruolo fondamentale dell’Università nel promuovere soluzioni innovative per la cura dei disturbi alimentari, lavorando in collaborazione con Ats, Asst e le associazioni locali. Il coinvolgimento di più professionisti, tra cui medici, psicologi e nutrizionisti, è cruciale per costruire un approccio integrato. Infine, Gianangelo Lazzari, presidente dell’associazione genitori Lilla, ha ricordato che la prevenzione è l’unica via per evitare “l’evento irreparabile” e ha sollecitato un impegno maggiore da parte anche dei medici di base.

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