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Nuova ricerca dell’UniBg svela come il cervello elabora le emozioni post-trauma

Una rivoluzionaria indagine sull'impatto dei traumi sulla processazione emotiva

La recente pubblicazione della ricerca “Il modello gerarchico nidificato del sé e la sua manifestazione post-traumatica non relazionale vs relazionale: una meta-analisi fMRI sulla processazione delle emozioni” sulla rivista Molecular Psychiatry del gruppo Nature ha offerto nuove intuizioni sulle dinamiche cerebrali legate alla gestione delle emozioni in seguito a traumi. Questo studio è frutto della collaborazione tra esperti dell’Università degli Studi di Bergamo e dell’Università Vita Salute San Raffaele, con un contributo significativo dal rinomato neuroscienziato, Prof. Georg Northoff.

La ricerca distingue nettamente tra traumi relazionali e non relazionali. I primi sono legati a interazioni personali che possono includere abusi o maltrattamenti, influenzando in modo profondo il senso di sé e le future relazioni interpersonali. Al contrario, i traumi non relazionali derivano da eventi traumatici indipendenti dalle relazioni, come incidenti o disastri, impattando diversamente l’identità personale e il benessere emotivo.

Secondo il Prof. Andrea Scalabrini, uno degli autori dello studio, i traumi relazionali lasciano un’impronta più profonda nell’individuo, coinvolgendo aree del cervello legate al ‘sé interocettivo ed esterocettivo’. Questo si riflette in una maggiore attivazione delle regioni cerebrali associate alla percezione corporea durante l’esperienza traumatica, a differenza di quanto avviene nei traumi non relazionali, dove la capacità di elaborazione simbolica rimane più intatta.

La Prof.ssa Clara Mucci sottolinea come la diversità nella risposta cerebrale tra i due tipi di trauma possa guidare lo sviluppo di terapie più mirate, migliorando il supporto e il trattamento per le persone affette. Capire queste differenze è essenziale per gli operatori del settore sanitario e per i terapeuti impegnati nel trattamento dei disturbi post-traumatici, enfatizzando l’importanza della relazionalità e della connessione sociale come elementi chiave per la salute mentale e fisica.

In generale, questa ricerca pone le basi per un approccio più informato e personalizzato nel trattamento dei disturbi legati al trauma, con implicazioni che spaziano dal clinico al socioculturale, promuovendo un discorso più ampio sulla salute e benessere dell’individuo.

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