Solo un bergamasco su tre può raggiungere un negozio di alimentari a piedi in 15 minuti, riflettendo un problema crescente nelle aree provinciali, dove la presenza dei negozi di vicinato è in forte diminuzione. La Grande Distribuzione Organizzata (GDO) sta occupando spazi precedentemente abbandonati, avendo contribuito alla scomparsa dei negozi indipendenti con le sue politiche aggressive.
Un’analisi recente condotta dal progetto Urban Pulse 15 del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, in collaborazione con il Sole 24 Ore, ha evidenziato la crisi dei negozi di vicinato. Solo poco più di un terzo dei bergamaschi può accedere a un negozio di alimentari a piedi in 15 minuti, con una situazione particolarmente critica nelle aree provinciali. La crisi dei negozi di vicinato è evidente, con un calo costante dal 2017.
La crisi del commercio locale
Nel primo trimestre del 2024, in provincia di Bergamo sono scomparse 116 imprese del commercio al dettaglio, una media di quasi 9 chiusure a settimana. Dal 2017, il numero di negozi di vicinato è in calo costante: da 9.006 alla fine del 2023 a 8.890 nel primo trimestre del 2024. A queste chiusure si aggiungono le 2.760 attività del commercio ambulante, che in alcuni paesi delle valli rappresentano l’unica ancora di salvezza per i residenti.
L’analisi di Confesercenti
Secondo Antonio Terzi, presidente di Confesercenti Bergamo, i dati confermano una realtà ben nota: le periferie cittadine sono meglio servite al Centro-Sud, dove i negozi di prossimità resistono meglio rispetto ad altre aree. La GDO si insedia solo dove le prospettive di profitto sono più alte, escludendo quindi i piccoli comuni del Centro e del Sud, così come i territori montani.
Nel Nord Italia e in provincia di Bergamo, la GDO si sta insediando in spazi ora vuoti, avendo saturato i territori dal centro alla periferia e costretto alla chiusura i negozi indipendenti. Per questo motivo, Terzi sottolinea l’importanza di una corretta pianificazione da parte del decisore pubblico, che non dovrebbe affidarsi solo alle dinamiche di mercato ma concentrarsi sull’accessibilità ai servizi per le fasce più fragili della popolazione.
I numeri della crisi
Alla fine del 2023, erano attivi 1.474 esercizi specializzati nella vendita di prodotti alimentari, bevande e tabacco, ma in calo del 3% rispetto al 2022. Le pescherie hanno subito un calo del 14%, i fruttivendoli del 4%, i negozi di carne del 4% e i panifici dell’1%. Inoltre, 1.079 insegne erano categorizzate come commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande, anch’esse in calo del 3% anno su anno.
La situazione risulta particolarmente grave nelle aree provinciali, dove l’accessibilità ai negozi di alimentari è limitata. Questo fenomeno evidenzia la necessità di un intervento pubblico per garantire l’accessibilità ai servizi essenziali per tutta la popolazione, evitando che le decisioni siano dettate esclusivamente dalla convenienza economica della GDO.