L’Italia settentrionale è alle prese con una grave emergenza legata alla peste suina africana (Psa), che ha già colpito 24 allevamenti. Di questi, 18 si trovano in Lombardia, 5 in Piemonte e uno in Emilia-Romagna. La situazione è critica, con oltre 50.000 capi abbattuti e il timore di ulteriori focolai. Nonostante attualmente la provincia di Bergamo non presenti casi, gli allevatori della zona hanno adottato misure straordinarie per prevenire il contagio e preservare il patrimonio suinicolo.
Gli allevamenti rischiano perdite economiche enormi, poiché basta un singolo caso di Psa per costringere all’abbattimento di tutti i suini presenti in una stalla. Solo in provincia di Bergamo, sono 385 gli allevamenti con 335.000 suini potenzialmente a rischio. In Lombardia, dove si concentra quasi la metà del patrimonio suinicolo italiano, il settore vale 1,37 miliardi di euro su un totale di 5,6 miliardi di produzione zootecnica. Questi numeri mostrano chiaramente che l’allerta è anche di tipo economico, con gli allevatori in prima linea per evitare il disastro.
Le misure di prevenzione sono state intensificate in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, a partire dallo scorso 29 agosto. L’ordinanza del commissario straordinario alla Psa, Giovanni Filippini, ha imposto nuove restrizioni nelle aree colpite, tra cui il divieto di movimentazione dei suini, salvo destinazione al macello, e il blocco di nuovi ingressi negli allevamenti. È fondamentale evitare che gli operatori diventino inconsapevolmente vettori del virus, per cui vengono utilizzati dispositivi monouso e adottate procedure rigide di biosicurezza, come il cambio degli abiti prima di entrare nelle stalle.
Nessun pericolo per l’essere umano, poiché la peste suina africana non è trasmissibile alle persone. Tuttavia, le ripercussioni economiche possono essere devastanti per le aziende del settore. Alcune province lombarde, come Pavia e Lodi, hanno già subito pesanti depopolamenti che potrebbero compromettere la stabilità dell’intera filiera.
L’assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, ha sottolineato la necessità di trasformare gli allevamenti in “fortini” contro la malattia, ribadendo che non ci si può permettere errori. L’importanza della prevenzione è chiaraanche per le associazioni di categoria come Confagricoltura e Coldiretti. Gabriele Borella, presidente di Coldiretti Bergamo, ha sottolineato l’urgenza di ottenere aiuti economici per sostenere le aziende colpite e ha richiesto un intervento concreto per il contenimento della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, vettori della malattia.
Le preoccupazioni degli allevatori sono forti, come racconta Maurizio Sassi, proprietario di un allevamento a Mozzanica con 4.000 suini. Nonostante l’assenza di restrizioni nella sua zona, l’allevatore ha adottato tutte le precauzioni per evitare il contagio. Simili timori sono condivisi da Mirko Zanini, allevatore di Grumello, che gestisce 9.000 suini insieme alla sua famiglia. Il timore di un possibile contagio e l’assenza di risarcimenti mettono a rischio la sopravvivenza di molte aziende.