Garattini sulla pandemia Covid: “In parte si poteva evitare, ma non abbiamo imparato molto”

Il presidente dell’Istituto Mario Negri analizza gli errori del passato e le attuali criticità: "Se arrivasse una nuova emergenza, saremmo poco preparati"

A cinque anni dall’inizio della pandemia di Covid-19, il professor Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri, riflette su quanto accaduto e sulle lezioni (non) apprese dall’emergenza sanitaria. Secondo lo scienziato, una parte della tragedia si sarebbe potuta evitare, ma soprattutto l’Italia oggi non sarebbe pronta ad affrontare un’altra pandemia.

“Bergamo doveva diventare subito zona rossa”

Garattini, attraverso le pagine di Bergamonews, sottolinea che restrizioni più rapide avrebbero potuto limitare i danni, citando il caso di Bergamo: “Se fosse stata dichiarata zona rossa subito, come accaduto a Codogno, molte vite sarebbero state risparmiate”. Tuttavia, tra il rimbalzo di responsabilità tra governo e regioni e possibili pressioni economiche, le misure furono tardive, con conseguenze devastanti.

Il ruolo del vaccino e i limiti dell’organizzazione sanitaria

Garattini, che ha ricevuto la prima dose il 27 dicembre 2020, ribadisce l’importanza del vaccino: “Non proteggeva dal contagio, ma ha evitato milioni di morti”. Tuttavia, critica l’organizzazione della campagna vaccinale in Italia, più lenta rispetto a Paesi come Israele e Regno Unito, che si erano mossi in anticipo nelle prenotazioni.

Ospedali sovraccarichi e morti evitabili

Uno dei punti critici della gestione della pandemia è stato il collasso degli ospedali, che ha impedito cure tempestive anche per pazienti non Covid. “Sono stati eseguiti 400mila interventi chirurgici in meno, 1.200 trapianti saltati e oltre 1,5 milioni di screening oncologici non effettuati”, spiega Garattini, sottolineando come molte morti non siano state causate direttamente dal virus, ma dalla saturazione delle strutture sanitarie.

Nuove pandemie: il mondo è più esposto, ma siamo impreparati

Secondo Garattini, una nuova pandemia è solo una questione di tempo: con la globalizzazione, virus e batteri si diffondono più velocemente. Tuttavia, l’Italia non ha ancora una strategia adeguata per affrontare simili emergenze: “Mancano ospedali dedicati, risorse umane aggiuntive e un piano pandemico efficace”.

Ricerca scientifica: un’opportunità persa

Nonostante la spinta iniziale, in Italia la pandemia non ha portato a investimenti significativi nella ricerca. “Dovremmo aggiungere 22 miliardi all’anno solo per avvicinarci alla Francia, ma continuiamo a perdere ricercatori perché all’estero vengono pagati meglio”, afferma Garattini.

Un piano pandemico inadeguato

Il nuovo piano pandemico del governo prevede stanziamenti minimi: 50mila euro nel 2025, poco più nel 2026 e 300mila euro nel 2027, somme che Garattini definisce insufficienti. “Non bastano per gestire un’emergenza, figuriamoci per potenziare la ricerca”.

Quali priorità per il futuro?

Per essere pronti a nuove crisi sanitarie, Garattini individua alcune azioni chiave:

  • Strutture dedicate per l’ospedalizzazione in caso di pandemia, per non saturare gli ospedali ordinari.
  • Maggiori risorse umane nel settore sanitario, da integrare in caso di emergenza.
  • Investimenti nella ricerca, fondamentale per affrontare nuove minacce biologiche.

L’amara conclusione di Garattini è che “ci siamo quasi dimenticati della pandemia”, tornando rapidamente alle vecchie abitudini, senza imparare dai nostri errori.

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