Nel 2035 in Bergamasca quasi 29 mila lavoratori in meno: allarme occupazione

Tra invecchiamento della popolazione e carenza di ricambio generazionale, la Bergamasca si prepara a una contrazione del lavoro senza precedenti: colpite in particolare le piccole imprese

Il futuro del mercato del lavoro in provincia di Bergamo si annuncia tutt’altro che rassicurante. Entro il 2035 si perderanno quasi 29 mila lavoratori, un dato che evidenzia con chiarezza l’impatto delle trasformazioni demografiche in atto e che conferma quanto già da tempo osservato: il saldo negativo tra nascite e pensionamenti sta mettendo in crisi il sistema economico.

A lanciare l’allarme è la Cgia di Mestre, che ha elaborato nuove stime sull’occupazione nel prossimo decennio. Nel territorio bergamasco si passerà dai 719.078 lavoratori del 2025 a 690.152 nel 2035, con una perdita di 28.926 unità, pari a un calo del 3,9%. E se si guarda al quadro nazionale, la situazione è ancora più complessa: si prevede una riduzione di circa tre milioni di occupati in tutta Italia, con gravi conseguenze per l’economia del Paese.

Il problema non risiede solo nella quantità di forza lavoro in diminuzione, ma anche nella sua composizione. Secondo l’analisi, nessuna delle politiche attuali — nemmeno quelle rivolte alla natalità o all’integrazione degli stranieri — riuscirà a invertire la rotta in tempi brevi. Di fronte a una popolazione sempre più anziana, l’Italia dovrà affrontare un aumento della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con un impatto notevole sui conti pubblici e sulla tenuta dei servizi.

La Lombardia non è esclusa da questo processo, con una previsione di 189.708 lavoratori in meno entro il 2035 (da 6.433.550 a 6.243.842 occupati), un calo del 2,9%. Bergamo, con il suo robusto tessuto di piccole e medie imprese, rischia di pagare il prezzo più alto, poiché proprio le PMI sono le realtà più vulnerabili ai cambiamenti del mercato del lavoro.

In questo scenario, le grandi imprese e gli istituti bancari sembrano invece destinati ad avvantaggiarsi, grazie alla capacità di offrire stabilità, benefit e attrattività maggiore per la manodopera qualificata. Inoltre, le banche trarranno beneficio dai comportamenti di risparmio della popolazione anziana, più propensa a depositare denaro e a investire in modo conservativo.

Il calo degli occupati influirà inevitabilmente sulla crescita del PIL, rallentandola in maniera progressiva, e riducendo la capacità di spesa delle famiglie. Le prospettive delineate dallo studio della Cgia richiedono interventi strutturali e una visione di lungo periodo, in grado di affrontare non solo la crisi demografica, ma anche le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, tra digitalizzazione, innovazione e sostenibilità sociale.

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